Grecia paralizzata dallo sciopero generale. Un milione in piazza, scontri con la polizia e decine di feriti
Sabato antifascista a Parma e Milano | La reazione della Siria del nord e dell’est all'appello di Ocalan | Le storiche mire coloniali sulla Palestina | L'analisi critica dei fatti economici
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Le trasmissioni, intanto, proseguono sulle nostre frequenze: alle ore 20 al via Jailhouse Rock: suoni, suonatori e suonati dal mondo delle prigioni, a cura di Antigone Onlus; alle 21 Lupo Ululi…musica strana; alle 22 Rasta Reggae Radio, trasmissione di musica reggae e dub; alle 23 Brain Splatters, musica e culture elettroniche.
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GRECIA - Grecia paralizzata per uno sciopero nazionale indetto da tutti i sindacati con oltre 200 manifestazioni – una delle mobilitazioni più imponenti degli ultimi decenni – per chiedere verità e giustizia in occasione del secondo anniversario della strage ferroviaria di Tebi, in cui persero la vita 57 persone, tra cui molti studenti: 85 i feriti gravi, vicino la città di Larissa. La richiesta principale è quella di individuare i responsabili della strage e che le indagini non vengano insabbiate dal governo conservatore di Nea Dimokratia.
Oltre ai sindacati, nelle piazze greche - affollate da centinaia e centinaia di migliaia di persone - anche i famigliari delle vittime, movimenti studenteschi, associazioni professionali, semplici cittadini, tra servizi bloccati e negozi chiusi. Lo slogan, “Non ho ossigeno”, si richiama alla frase pronunciata da una delle vittime nel vasto incendio che divampò dopo lo scontro frontale vicino Larissa tra un treno passeggeri e uno merci. Un convoglio che – secondo una perizia indipendente voluta dall’Associazione famigliari – avrebbe trasportato, senza averne le autorizzazioni, materiale altamente infiammabile.
Sulle frequenze di Radio Onda d’Urto, le corrispondenze da Atene di Dimitri, compagno greco, militante sociale e nostro collaboratore, e di Tonia Tsitsovitz, giornalista del settimanale ellenico di sinistra, Epoché. Di seguito un estratto del resoconto di Dimitri.
Ad Atene, a fine manifestazione, numerosi manifestanti si sono diretti verso il palazzo del Parlamento, scontrandosi duramente con la polizia in tenuta antisommossa. Nel mirino, il governo conservatore di Nea Dimokratia: a suon di molotov i manifestanti hanno assediato il Parlamento greco per almeno un paio d’ore. Decine i feriti tra i manifestanti durante le cariche di polizia. Scontri si sono verificati anche nella seconda città della Grecia, Salonicco, davanti alla sede di Ose, l'Organizzazione delle ferrovie elleniche. Il bilancio della giornata è di un milione di persone in piazza in tutto il paese.
Qui l’aggiornamento del nostro collaboratore Achille, compagno del movimento antiautoritario greco e, di seguito, un estratto del suo intervento incentrato sugli effetti di questa giornata nel prossimo futuro.
ANTIFASCISMO - Dalla Grecia all’Italia, dove sabato Primo marzo sarà una giornata di mobilitazione.
Sarà un sabato antifascista a Parma e Milano.
Nella città emiliana, Casa Pound ha organizzato un concerto nella sede di Via Toscana con gruppi molto noti nella fascisteria; attese alcune centinaia di fascisti, da mezza Italia. Le forze antifasciste della città hanno perciò organizzato diverse contromanifestazioni. Una istituzionale, un corteo antifascista con realtà come Anpi, Cgil e partiti di centrosinistra che partirà alle ore 16.30 dal monumento al partigiano in piazzale della Pace e terminerà nel parco Vero Pellegrini. Dalla stessa piazza, ma alle 17,00, il corteo del Coordinamento Antifascista Parma che raggiungerà il presidio di USI e gruppo anarchico Cieri alla sede di via Testi, 400 metri da via Toscana, dove si terrà il concerto fascista di Casa Pound, come racconta di seguito Stefano Caffagnini attivista di Officina Popolare, ex militante del fu centro sociale Mariano Lupo
A Milano, sempre sabato, ma alle ore 15,00 da piazza Missori, corteo antifascista indetto dal Comitato FreeGino. “Fuori Gino dalle galere francesi, fuori Maja dalle prigioni di Orbàn, fuori gli/le antifa dalle carceri tedesche, scendiamo in strada per la liberazione di tutte e tutti i prigionieri” queste le parole d’ordine della manifestazione di sabato a Milano, di cui ci ha anticipato i contenuti Nic, del Comitato Free Gino – Free All Antifas
KURDISTAN - Il giorno dopo lo storico appello del leader e cofondatore del Partito dei Lavoratori del Kurdistan Abdullah Ocalan, diffuso giovedì 27 febbraio 2025 da Istanbul da deputate e deputati del partito Dem intitolato “Appello per la pace e una società democratica”, la corrispondenza di una compagna internazionalista che si trova in Rojava – sulle frequenze di Radio Onda d’Urto – racconta la reazione della società della Siria del nord e dell’est.
“È importante comprendere questo appello nella sua interezza e nel momento storico in cui è stato condiviso”, afferma la compagna nell’audio. “Il messaggio – spiega – si rivolge soprattutto agli stati nazione coinvolti in questo processo e a tutti i popoli della regione, per poter trovare una soluzione pacifica e politica alla situazione di crisi in cui ci troviamo. Perché non ci sia una guerra che porti solamente spargimenti di sangue e perché invece ci si possa alleare tra popoli, tra società, per far sì che la resistenza possa essere più forte”.
“Qui in Rojava – racconta ancora la compagna internazionalista – le persone hanno reagito al messaggio con grande forza e fiducia, perché il movimento di liberazione del Kurdistan si è sviluppato sulla fiducia nei confronti di Abdullah Ocalan e del suo paradigma, che è stato applicato dal Pkk senza che però rimanesse fermo, senza mai essere dogmatico”. “Al contrario – spiega – quello che sta succedendo in questa fase storica è già successo in passato. Per questo la società, qui, non è rimasta sorpresa per questa decisione. Il paradigma, e quindi il partito, si sono già trasformati negli anni. “
Nella sua corrispondenza la compagna internazionalista che si trova nell’Amministrazione autonoma democratica della Siria del nord e dell’est chiarisce un aspetto importante per interpretare il messaggio di Ocalan: “quello che ha chiesto Reber Apo (Abdullah Ocalan) – afferma – non significa la fine della lotta e della resistenza dei popoli, o la fine della costruzione di una società libera di popoli che possono coesistere secondo i princìpi di liberazione della donna, di ecologia e di democrazia. Significa una trasformazione sulla base della fase storica in cui siamo.”
Infine, una considerazione su quello che ci si può aspettare e su quali potrebbero essere i prossimi passaggi, che potrebbero coinvolgere anche la società del Rojava, organizzata secondo il modello del confederalismo democratico, ispirato al paradigma della modernità democratica elaborato proprio da Ocalan: “in questo momento il Partito non è sciolto. Come ha detto Ocalan, questo deve essere fatto in modo ufficiale e formale, tramite un congresso, e solo se anche la Turchia deporrà le armi. Quindi, anche qui, tutte e tutti stanno aspettando una qualche comunicazione ufficiale da parte della Turchia. E a seconda di come la Turchia deciderà di rispondere verranno fatti i prossimi passi. In passato si è provato molte volte a intraprendere un processo simile… Ma la Turchia non l’ha mai rispettato”.
Qui, la corrispondenza dal Rojava di una compagna internazionalista per Radio Onda d’Urto e, di seguito, un estratto dell’intervista
PALESTINA - A partire dal ritrovamento di una testimonianza redatta negli anni ’50 dal Movimento democratico di liberazione nazionale – uno dei partiti comunisti attivi in Egitto all’epoca in cui venne fondato lo Stato di Israele – Nicola Lamri, dottorando in storia contemporanea presso l’Université Polytechnique Hauts-de-France e l’Università di Bologna, all’interno di un recente articolo pubblicato su Iconografie va a individuare “le radici delle mire di Donald Trump sulla Striscia di Gaza“.
Quel frammento del Movimento democratico di liberazione nazionale egiziano racconta con chiarezza “della situazione di violenza estrema e di isolamento che la popolazione di Gaza si trovava a vivere subito dopo l’espulsione dai territori palestinesi”, quasi 80 anni fa.
I piani di controllo su Gaza, insomma, non sono nuovi. Gaza e i palestinesi sono, però, un laboratorio politico di resistenza perché “la Striscia di Gaza non si può controllare”, come ha spiegato qui lo stesso, Nicola Lamri. Di seguito un estratto della sua analisi incentrato su Paradigma Gaza, di cui è autore.
Intanto, mentre a Il Cairo sono in corso negoziati - alla presenza anche degli Usa e alla vigilia della scadenza della fase 1 del cessate il fuoco a Gaza - nella Striscia, Israele continua a violare la tregua: un drone ha ucciso un 18enne a Rafah, sud della Striscia. Netanyahu intenderebbe estendere l'attuale cessate il fuoco di altri 42 giorni in cambio di nuovi scambi di prigionieri, ma senza passare formalmente alla fase due, che includerebbe il ritiro dell'Idf dalla Striscia. La strada quindi è in salita, mentre a Gaza si scava tra le macerie; il conteggio delle vittime di 15 mesi di genocidio sfiora quota 49mila, con 10-15mila dispersi.
Intanto in Cisgiordania esercito e coloni stanno mettendo in pratica la più grande deportazione e pulizia etnica dal 1967: con quasi 50mila persone sfollate con la forza, oltre a quasi un centinaio di vittime solo quest’anno. L’ultimo oggi, un 32enne, non distante da Nablus. Feriti e raid un po’ ovunque, da Ramallah a Tulkarem, da Hebron fino alla città più colpita, quella di Jenin, di fatto rasa in buona parte al suolo in 39 giorni di assedio con carri armati, droni, soldati e aerei.
Oggi sulle frequenza di Radio Onda d’Urto anche:
L’analisi critica dei fatti economici della settimana con Andrea Fumagalli. Nella puntata di oggi il caro-bollette, la frode fiscale di DHL, i dazi e la politica economica di Trump.
Radura || Confluire contro la speculazione energetica
Dalla parte del diritto all’abitare || La protesta delle case popolari a Brescia e il corteo del 1 marzo a Quarticciolo, Roma.
A chiudere, l’appuntamento con Storia di Classe:
Pochi minuti, ogni giorno, per ripercorrere la storia (la “nostra” storia). Un evento storico, una mobilitazione politica, una rivolta, una lotta, tornando indietro nel tempo per conoscere la storia dei movimenti operai, di classe e rivoluzionari.
28 Febbraio 1985 - L'esercito colombiano uccide Gullermo Cespedes Sabato, militante Di M19 (Movimento 19 Aprile)
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