Nelle carceri italiane la situazione è al collasso
Proteste per la nomina del nuovo questore di Monza. Era tra "i macellai della Diaz" | Mediterranea Saving Humans sotto accusa per salvataggio | Continua il genocidio del popolo palestinese
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CARCERE - È stato presentato oggi a Roma il XXI Rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione in Italia. Un report che fotografa un sistema penitenziario sempre più in crisi, a rischio implosione, al punto che il titolo scelto per questo nuovo rapporto inerente l’andamento degli ultimi 12 mesi è “Senza respiro”.
Continuano infatti a crescere le presenze in carcere – anche a fronte di una sensibile, ma costante diminuzione dei tassi di criminalità -, aumentano i suicidi e si aggravano molti dei problemi ormai strutturali del sistema carcerario italiano. Mancano spazi fisici, mancano servizi ma, soprattutto, mancano diritti.
“Quando una società decide di risolvere qualsiasi problema con lo strumento penale, e a cascata con quello penitenziario – afferma ai nostri microfoni Susanna Marietti, Coordinatrice Nazionale associazione Antigone – le carceri si gonfiano e non basteranno mai se pensiamo di demandare al carcere qualsiasi cosa. Bisogna tornare a serie politiche sociali, che puntino alla prevenzione“.
Il riferimento è alle politiche del governo attuale, che ha fatto della repressione e dell’inasprimento delle pene la propria bandiera e di cui il Decreto Sicurezza rappresenta solo l’ultimo atto. A finire in carcere, infatti, sono ancora le persone ai margini della società, stranieri, persone senza fissa dimora e tossicodipendenti in primis.
“A partire dalla pubblicazione di questo rapporto – annuncia il Presidente dell’associazione, Patrizio Gonnella, nell’editoriale che apre il report – Antigone sarà impegnata a dar vita a una grande alleanza costituzionale, nel nome della quale va del tutto decostruito il decreto legge Sicurezza con il suo intento di annichilire i detenuti, trasformandoli in numeri che devono solo obbedire, come nella peggiore tradizione politica italiana di regime”. Un decreto di cui proprio in queste ore sono in corso le dichiarazioni finali di voto alla Camera, prima dello scontato "sì" della destra in serata.
Ai microfoni di Radio Onda d’Urto, Susanna Marietti, Coordinatrice Nazionale associazione Antigone. Di seguito un estratto in cui parla proprio del decreto sicurezza.
REPRESSIONE - Dal prossimo primo giugno Filippo Ferri prenderà servizio come nuovo questore di Monza. A deciderlo il ministro dell’Interno, Piantedosi.
Filippo Ferri è però già noto come il poliziotto che nel 2012 venne condannato in via definitiva per le violenze poliziesche nella scuola Diaz durante il G8 di Genova nel 2001. La “macelleria messicana”, come venne definita dallo stesso vicequestore dell’epoca.
La Corte europea dei Diritti dell’Uomo sancì che quello che i poliziotti italiani fecero nell’irruzione alla scuola Diaz fu tortura. Erano i primi mesi del secondo Governo Berlusconi, i giorni del G8 di Genova, degli spari per mano di un carabiniere in Piazza Alimonda e l’omicidio di Carlo Giuliani, erano i giorni dei manifestanti caricati e picchiati in tutta la città.
L’irruzione di 300 agenti nella scuola Diaz in cui dormivano alcuni attivisti del social forum doveva essere una retata contro i famigerati “black block”. Si rivelò una spedizione punitiva: 61 i manifestanti feriti, 3 in prognosi riservata, uno in coma. Quasi 100 le persone fermate. Le indagini successive rivelarono, poi, che le molotov attribuite ai manifestanti non si trovavano all’interno della scuola Diaz ma che fu la polizia a portarle all’interno. La maggior parte dei processi alle forze dell’ordine finirono in prescrizione.
La nomina a questore di Monza di Filippo Ferri è stata criticata da cittadini e realtà politiche del territorio coinvolto: assessori, consiglieri comunali, ex parlamentari, avvocati e insegnanti di Monza hanno redatto una lettera aperta per chiedere al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi di revocarne la nomina, mentre la senatrice di Alleanza Verdi e Sinistra Ilaria Cucchi ha presentato un’interrogazione parlamentare. Un’altra ancora è stata annunciata dal Partito Democratico.
MIGRANTI - Per la prima volta in Italia un’ONG rischia il processo per aver soccorso e salvato migranti nel Mediterraneo.
Il salvataggio di vite umane nel Mediterraneo centrale è diventato terreno di scontro politico e giudiziario. Per la prima volta in Italia, un’organizzazione non governativa – Mediterranea Saving Humans – e l’equipaggio della nave Mare Jonio saranno processati con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare aggravato da presunto profitto economico. I fatti risalgono all’11 settembre 2020, quando l’equipaggio intervenne per soccorrere 27 persone abbandonate per oltre un mese sulla prua metallica di una petroliera danese, la Maersk Etienne.
Il caso, già allora al centro dell’attenzione internazionale, si trasforma in un processo che inizierà il 21 ottobre. Tra gli elementi che pesano sulla decisione del Tribunale di Ragusa c’è anche una donazione posteriore da parte della compagnia armatoriale all’ONG, interpretata dalla procura come presunta “ricompensa”, e dunque come aggravante. Ad aumentare l’ambiguità della situazione è la presenza, tra gli atti, di intercettazioni, pedinamenti e vere e proprie attività di profilazione da parte dei servizi di sicurezza italiani.
Eppure, nonostante il processo e le minacce, Mediterranea rilancia: una seconda nave, la Sea-eye 4, è pronta a partire. «Questi processi servono a farci smettere. Noi raddoppiamo», dichiara Luca Casarini, capomissione e fondatore di Mediterranea Saving Human ai microfoni di Radio Onda d’Urto.
PALESTINA - Chiudiamo la newsletter di oggi con la Palestina, dove il genocidio per mano israeliana, superata ieri la cifra simbolo dei 600 giorni, prosegue nel silenzio complice o nell'indignazione ipocrita del mondo. I raid dell'esercito occupante israeliano hanno ucciso oggi almeno 44 palestinesi nella Striscia, 10 morti in raid che hanno preso di mira una scuola-rifugio e un'abitazione a Jabalia, nel nord. Un'altra strage è stata provocata da una serie di attacchi israeliani su edifici residenziali nel campo profughi di Al-Bureji: sterminata un’intera famiglia, con 23 vittime. Dal 7 ottobre il dato, ufficiale ma parziale, è di 54.249 morti e 124mila feriti, con almeno 10mila dispersi
Sul fronte diplomatico tengono invece banco le parole dell’inviato Usa, Witkoff: "Siamo sul punto di un nuovo accordo preliminare sulla tregua a Gaza. Ho ottime sensazioni su una risoluzione di lungo termine". Netanyahu dice di “essere pronto ad andare avanti” rispetto alla proposta Witkoff, 60 giorni di tregua per 10 ostaggi. Hamas ha fatto sapere di avere ricevuto e di stare valutando la bozza Usa, che tuttavia non godono più di molto credito tra le fazioni della Resistenza Palestinese.
C’è proprio Washington infatti sono dietro alla finta ong che da ieri distribuisce, in modo arbitrario, alcuni aiuti in un Centro ipermilitarizzato tra Khan Younis e Rafah, tagliando fuori l’Onu. Il tutto mentre Tel Aviv prosegue la campagna sistematica di sfollamento, con l’obiettivo di rinchiudere oltre 2 milioni di palestinesi in 5 aree costiere sovraffollate e prive di servizi, nel 20% della Striscia; il restante 80% è controllato da Tel Aviv o comunque vietato ai palestinesi, come denuncia Oxfam e riporta qui Paolo Pezzati, portavoce crisi umanitarie per Oxfam Italia.
Da Gaza alla Cisgiordania: issata la bandiera israeliana sulla sommità della moschea di Tulkarem, la città palestinese nel nordovest della Cisgiordania, assediata da oltre 4 mesi al pari di Jenin. Oggi poi un bambino di 12 anni ferito a Birzeit, 4 a nord-est di Ramallah, oltre a distruzioni di case, piante d’ulivo, proprietà per mano dei coloni. Su questo fronte, la CPI valuta mandati di cattura contro i 2 ministri-coloni, Smotrich e Ben Gvir. La risposta, con Netanyahu: 22 nuovi insediamenti illegali e abusivi di coloni in Cisgiordania, “un deliberato ostacolo" contro la pace e un futuro Stato di Palestina”, accusa il governo inglese. DI seguito il commento di Shukri Hrub dell’UDAP, l’Unione Democratica Arabo Palestinese.
Qui l’intervista completa
Tace invece, su questo e tanto altro, il Governo italiano: il business con Tel Aviv prosegue infatti senza sosta, al netto delle ultime dichiarazioni, di facciata, di Crosetto e Tajani. Proprio il ministro domani è a Brescia, invitato all’Università per presentare alcuni corsi di laurea. Giovani Palestinesi, con l’adesione del Coordinamento Palestina, annuncia un presidio di contestazione al titolare della Farnesina al grido di “Fuori Tajani, fuori Israele. L’Università non deve essere complice di genocidio”. Appuntamento alle ore 10.30 in via San Faustino, 41. Sentiamo l’intervento di Giorgio Cremaschi, del Coordinamento Palestina di Brescia
Nella bassa bresciana, invece, nuovo appuntamento con la Tenda di Solidarietà con la popolazione civile e con il personale sanitario detenuto illegalmente nelle carceri israeliane. Appuntamento dal 30 maggio al 1 giugno in Piazza S.Giacomo a Borgo San Giacomo.Qui la presentazione di Gabriele Pellegrini, militante ecopacifista.
Da Brescia a Milano: il Teatro Alla Scala ha licenziato una maschera che lo scorso 4 maggio aveva urlato "Palestina libera!" prima del concerto in contemporanea all'ingresso della premier Meloni sul Palco Reale, a inizio maggio. A denunciarlo la Cub, che metterà “in campo ogni azione, sindacale e politica, per opporsi”. Da nord a sud, a Catania, dove la Freedom Flotilla ha fatto sapere che una sua imbarcazione, a vela, è pronta a partire in direzione Gaza carica di aiuti umanitari. La nave sarà aperta alla popolazione civile da domani a domenica; presenti, tra gli altri, Greta Thunberg, attivista per la giustizia climatica e per il popolo palestinese. Infine la Puglia; la Regione guidata da Emiliano annuncia “l’interruzione di ogni rapporto di qualunque natura con il Governo Netanyahu e con tutti quei soggetti ad esso riconducibili che non siano apertamente e dichiaratamente motivati dalla volontà di organizzare iniziative per far cessare il massacro dei palestinesi”.
Oggi sulle nostre frequenze anche:
“Per Martina, Sara, Giulia, Ilaria... trasformiamo la rabbia in lotta”.
Le manifestazioni contro i femminicidi a Napoli e Bologna.A Brescia si blocca ancora l’ascensore alla Torre Raffaello.
Ennesima conseguenza delle mancante manutenzioni dell’Aler
A chiudere, l’appuntamento con Storia di Classe:
Pochi minuti, ogni giorno, per ripercorrere la storia (la “nostra” storia). Un evento storico, una mobilitazione politica, una rivolta, una lotta, tornando indietro nel tempo per conoscere la storia dei movimenti operai, di classe e rivoluzionari.
29 maggio 1974 - La Strage fascista, di Stato e della Nato del 28 maggio 1974 a Brescia. Capitolo II. Prima della bomba.