No Tav: in migliaia in marcia l’8 dicembre, a vent'anni dalla liberazione di Venaus
Migranti: ennesima svolta repressiva del Consiglio dell'UE | Palestina: non si ferma l'aggressione israeliana. Oltre 70.000 le persone uccise | Grecia: in 10.000 in corteo per ricordare “Alexis”
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NO TAV - Migliaia di persone hanno partecipato ieri, lunedì 8 dicembre, alla marcia da Venaus a San Giuliano, in Val di Susa, per la tradizionale manifestazione No Tav dell’8 dicembre, che ricorda la liberazione del presidio permanente di Venaus nel 2005, esattamente vent’anni fa.
A San Giuliano, punto di arrivo della marcia, da alcuni giorni è attivo un nuovo presidio permanente del movimento, organizzato per ostacolare gli espropri dei terreni destinati ai cantieri.
Ai microfoni di Radio Onda d’Urto, il bilancio della giornata con Nicoletta Dosio, storica portavoce del movimento No Tav valsusino. Di seguito un estratto della sua analisi
MIGRANTI - Il Consiglio dell’Unione europea, nella sessione che riunisce i ministri dell’interno, ha approvato proposte di modifica liberticide e illiberali al regolamento sul trattamento delle persone che giungono in Europa. Si tratta di modifiche che potrebbero portare a rifiuti automatici delle domande di protezione internazionale e sono in palese contrasto con la Convenzione di Ginevra.
Queste modifiche, che hanno visto l’opposizione di Francia, Spagna, Portogallo e Grecia, arrivano con il sostegno del Partito popolare e non ci si aspettano grandi cambiamenti nel prossimo passaggio per l’approvazione finale, ovvero il voto nel Parlamento Europeo, dove avranno sicuramente il sostegno dei partiti di estrema destra.
Con Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio italiano di solidarietà-Ufficio rifugiati onlus di Trieste, abbiamo approfondito ai microfoni di Radio Onda d’Urto soprattutto due aspetti.
La nozione di Paese d’origine sicuro, con la creazione di una lista composta da Bangladesh, Colombia, Egitto, India, Kosovo, Marocco e Tunisia. In questo caso la modifica serve a creare una sorta di rifiuto quasi automatico per le domande di asilo provenienti da questi paesi. Sebbene ogni domanda debba comunque essere esaminata, l’inserimento in lista comporta l’applicazione della procedura accelerata di frontiera, che riduce notevolmente le garanzie di esame . “Soprattutto si verifica un’inversione dell’onere della prova“, sottolinea Schiavone: “è il richiedente a dover dimostrare le ragioni per cui, nonostante il paese sia ritenuto sicuro in generale, non lo è nel suo caso specifico”. Il governo italiano ha insistito molto a mettere in questa lista paesi da dove c’è una forte immigrazione, ma dove le garanzie del rispetto dei diritti democratici sono lontanissime dall’essere soddisfatte. Secondo Schiavone comunque “qualunque giudice che esamini la conformità della qualificazione data al paese non potrà che rimettere la questione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sollevando l’evidente contraddizione” del fatto che un paese non diventa sicuro solo perché viene inserito in una lista.
La modifica più “sorprendente” e, per Schiavone, “incredibile” riguarda l’ampliamento della nozione di Paese Terzo Sicuro. Un concetto che fino ad oggi era applicabile “solo in via residuale, per pochissimi casi” solo se il richiedente asilo avesse “legami significativi” con tale paese (come proprietà o familiari), che rendessero ragionevole il suo ritorno. Invece ora con questa modifica un paese diventa “sicuro” anche se una persona richiedente asilo vi ha semplicemente transitato prima di arrivare nell’UE. “Questo è visto come una limitazione geografica mascherata, esplicitamente proibita dalla Convenzione di Ginevra del 1951 e dal Protocollo di New York del 1964”, ricorda Schiavone. A questo si aggiunge la possibilità di riconoscere come paese terzo sicuro anche paesi con cui l’Unione Europea stringesse accordi per inviarvi i richiedenti asilo, anche se questi non vi hanno mai transitato . Questa seconda ipotesi, estremamente grave, “richiama immediatamente alla mente la vicenda fallita dell’accordo Gran Bretagna-Ruanda, che fu dichiarato illegale”.
Qui l’intervista completa con Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio italiano di solidarietà - Ufficio rifugiati onlus di Trieste. Di seguito un frammento del suo intervento
PALESTINA - Nel silenzio della comunità internazionale prosegue il genocidio per mano israeliana in Palestina, dove il numero delle vittime dal 7 ottobre 2023, è salito a 70.365, secondo gli ultimi dati diffusi ieri dalle autorità sanitarie locali.
Nonostante il cessate il fuoco annunciato l’11 ottobre, ma mai pienamente rispettato, i raid israeliani hanno ucciso 376 persone, 981 quelle ferite, mentre 626 corpi sono stati recuperati dalle macerie degli edifici colpiti. Nelle ultime ore sono stati segnalati nuovi bombardamenti di artiglieria nell’area di Deir el-Balah, dove almeno due palestinesi uccisi.
Nel quadro del genocidio, si aggrava anche il bilancio delle vittime tra gli operatori dell’informazione. Secondo l’ultimo rapporto di Reporter senza frontiere (Rsf), nel 2025, 67 giornalisti sono stati uccisi nel mondo. Di questi, quasi la metà (43%) è stata ammazzata a Gaza da parte delle forze di occupazione israeliane.
Sul fronte politico, mentre il premier israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex presidente statunitense Donald Trump si preparano a un incontro a Washington fissato per il 29 dicembre, per decidere a tavolino il futuro della Striscia, il nome dell’ex premier britannico Tony Blair sarebbe stato “silenziosamente rimosso” dalla lista del “Board of Peace” voluto dal presidente Usa per amministrare l’occupazione de facto di Gaza. Secondo quanto riferito dal Financial Times, l’esclusione di Blair sarebbe legata all’opposizione di diversi Paesi arabi del Golfo.
Il cessate il fuoco non ha retto nemmeno sul fronte settentrionale. In Libano, dove un accordo con Hezbollah sarebbe stato raggiunto oltre un anno fa, nel novembre 2024, l’esercito israeliano ha annunciato stamattina nuovi attacchi contro obiettivi attribuiti al movimento sciita. Tra i siti colpiti, secondo l’Idf, figurerebbe un centro di addestramento della forza d’élite Radwan.
Prosegue infine l’escalation di violenze di coloni e militari israeliani nella Cisgiordania Occupata, l’obiettivo è l’occupazione totale dei Territori palestinesi. Nelle ultime ore sono stati segnalati raid a Gerico, dove alcuni residenti denunciano il furto di attrezzature agricole; a Silwan, quartiere di Gerusalemme Est, dove soldati israeliani hanno sparato colpi d’arma da fuoco; e a Nablus, dove mezzi pesanti dell’esercito sono entrati in azione demolendo strutture locali.
Ai microfoni di Radio Onda d’Urto l’intervento di Eliana Riva, caporedattrice di Pagine Esteri e collaboratrice de Il Manifesto. Di seguito un frammento del suo discorso in merito ai numeri dei giornalisti uccisi
Per ampliare lo sguardo sul Medioriente, oggi anche:
SIRIA: un anno fa la caduta di Assad e la presa del potere di Al Sharaa. Il punto della situazione con Davide Grasso, ricercatore dell’Università di Torino e autore, sul tema, di un articolo intitolato La nuova Siria e la prevedibile parabola dell’Islam politico, pubblicato dal portale Dinamo Press.
Oggi sulle nostre frequenze anche:
GRECIA: in 10.000 in corteo per ricordare “Alexis”, il quindicenne anarchico ucciso dalla polizia 17 anni fa. La testimonianza di Giulio D’Errico, compagno che da anni vive ad Atene e che ha partecipato alla manifestazione in ricordo di Alexis
LAVORO: nuovo sciopero del settore servizi ambientali. Sulle nostre frequenze, Americo Fimiani segretario regionale funzione pubblica CGIL con delega sull’igiene ambientale
BRESCIA: sabato 13 dicembre presidio in Largo Formentone della rete Io Accolgo, contro la manifestazione nazionale del sedicente Comitato “Remigrazione e riconquista”. Le considerazioni di Lucio Pedroni, presidente dell’Anpi provinciale bresciana, e Francesco Bertoli della CGIL Brescia.
Pochi minuti, ogni giorno, per ripercorrere la storia (la “nostra” storia). Un evento storico, una mobilitazione politica, una rivolta, una lotta, tornando indietro nel tempo per conoscere la storia dei movimenti operai, di classe e rivoluzionari.
9 dicembre 1974: Il compagno Bruno Valli, la rapina di Argelato







