Picchiato, incappucciato e denudato in carcere. Condannati 10 agenti, ma non è tortura
Leonard Peltier esce dal carcere | Israele si ritira (a metà) dal Libano, mentre a Gaza si tratta e a Jenin si muore | Vertice di Parigi: volano in borsa i titoli azionari dell'industria bellica
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Le trasmissioni, intanto, proseguono sulle nostre frequenze: al via alle 20 Il disagio nella civiltà; alle 21 Blues metal jacket, blues e dintorni con Andrea Fusari; alle 22 Arrapaho; alle 23 Settantasette, storia e altro sulla popular music.
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CARCERE - Sono stati condannati dai 4 mesi ai 2 anni di carcere i 10 agenti della polizia penitenziaria che nell’aprile del 2023 incappucciarono, picchiarono e vessarono un detenuto nel carcere di Reggio Emilia.
Nel processo, che si è svolto con rito abbreviato, è caduto il reato di tortura, nonostante quest’ultima accusa fosse già stata formulata non solo dalla Procura, ma anche dal primo giudice delle indagini preliminari e confermata dal tribunale del riesame di Bologna. Ma di fronte al giudice Silvia Guareschi il reato di tortura è stato riqualificato in abuso di autorità.
“Ci lascia un amaro in bocca e ci preoccupa anche un po’. Quello che è successo all’interno del carcere di Reggio Emilia è un fatto gravissimo”, fa sapere ai nostri microfoni l’avvocato del detenuto picchiato Luca Sebastiani. “A fronte di questi fatti bisogna tracciare una linea che separa ciò che è giusto da ciò che non lo è: e in questo caso basta guardare il video per capire che quel confine è stato superato”.
A rendere evidente le violenze a cui è stato sottoposto il detenuto sono state le telecamere di videosorveglianza del carcere di Reggio Emilia: grazie a queste sono state testimoniate le vessazioni messe in campo dagli agenti penitenziari contro il 40enne. Bloccato, incappucciato, calpestato, picchiato e denudato, anche delle mutande, come racconta di seguito l’avvocato Luca Sebastiani, rappresentante del detenuto:
Questa condanna arriva in un contesto di crescente tensione all’interno delle carceri: il sovraffollamento, l’assenza di servizi e personale, gli abusi in divisa e il tasso di suicidi stanno aumentando? Abbiamo approfondito il tema con Giulia Fabbini, presidente di Antigone Emilia-Romagna. Potete ascoltare qui il suo intervento.
In tema di carcere e abusi in divisa, oggi anche una buona notizia.
Dopo quasi 50 anni, Leonard Peltier è infatti uscito dal carcere. Potrà trascorrere gli ultimi anni di vita agli arresti domiciliari nella sua terra natia, il Turtle Mountain Indian Reservation (Mikinaakwajiwing), in North Dakota.
Nel 1975 era stato condannato per l’omicidio di due agenti dell’FBI, al termine però di un processo farsa, come riconosciuto negli anni successivi dalle stesse persone che parteciparono a quella montatura. In quell’occasione morì un membro dell’American Indian Movement, AIM, un gruppo che combatteva la discriminazione e la brutalità della polizia contro le comunità dei nativi americani.
Dopo una vasta caccia all’uomo, vennero fermati tre membri dell’AIM, Dino Butler, Bob Robideau assolti poi per legittima difesa e Leonard Peltier, che invece fu estradato dal Canada con prove artefatte per poi essere processato nel 1977, in una sequela giudiziaria segnata da manipolazioni e intimidazioni.
Nonostante l’assenza di prove reali, Leonard Peltier ha passato gran parte della sua vita in carcere: entrato all’età di 30 anni, esce dalla prigione da 80enne. A gennaio 2025, poco prima della fine del proprio mandato alla Casa Bianca, l’ex presidente Joe Biden ha commutato la sua condanna dall’ergastolo ai domiciliari.
Di seguito, il commento a caldo di Andrea de Lotto, nostro collaboratore e parte del Comitato Free Leonard Peltier.
MEDIORIENTE - Le forze israeliane si sono ritirate da una decina di villaggi nel sud del Libano, dove i militari di Beirut si sono schierati al loro posto, in accordo con la missione Unifil dell’Onu. Israele ha tuttavia annunciato che occuperà comunque con 10mila soldati 5 postazioni strategiche oltre la linea di demarcazione dell’Onu, che replica al messaggio di Tel Aviv denunciando “ogni ritardo come una palese violazione” della risoluzione 1701, quella sul Libano.
Situazione altrettanto incerta in Palestina, dove Israele ha chiesto per sabato, giorno del nuovo scambio, di ottenere non 3 – come da accordi – ma 6 prigionieri, gli ultimi sicuramente in vita. Su questo Hamas si dice disponibile: “Dipende dall’impegno israeliano a procedere alla fase due, oltre che a rispettare ‘il protocollo umanitario” della fase 1, per ora parzialmente disatteso da Tel Aviv.
Intanto, dopo settimane di veti israeliani, dentro la Striscia di Gaza iniziano a entrare ruspe e mezzi pesanti per rimuovere le macerie, sotto le quali ci sono 10-15mila palestinesi. Numeri da sommare ai 48.291 morti accertati nei 15 mesi di genocidio israeliano sulla pelle dei palestinesi, contro cui Netanyahu ha ordinato pure l’immediata attuazione della legge che vieta ogni attività dell’Unrwa, agenzia Onu fondamentale per i servizi essenziali a Gaza, Gerusalemme o Cisgiordania.
Sul futuro della Striscia, Netanyahu non sembra però aver dubbi: “non ci saranno né Hamas, né l’Anp”. Questo quanto ha dichiarato dopo che diversi media panarabi hanno riportato oggi come Hamas avrebbe accettato la presenza a Gaza dell’Anp, per dare più forza al fronte di opposizione al rischio deportazione di massa, come ipotizzato da Trump, che nel frattempo sta trasferendo in Israele le bombe Usa da 900 kg.
Sulla situazione in Palestina, oggi sulle frequenze di Radio Onda d’Urto abbiamo approfondito anche:
La lettera congiunta scritta da oltre 230 organizzazioni della società civile globale ai Governi occidentali con la richiesta di interrompere “immediatamente tutti i trasferimenti di armi a Israele, inclusi i caccia F-35”. Tra i firmatari della lettera, mandata a Meloni, Crosetto e Tajani per quanto riguarda l’Italia, anche l’ong Un Ponte Per, della quale fa parte Alfio Nicotra, di cui potete ascoltare qui il commento. Di seguito un estratto del suo intervento
La situazione in Cisgiordania, dove prosegue l’aggressione israeliana con 80 morti, centinaia di prigionieri, migliaia di sfollati con la forza tra Tulkarem, Tubas e Jenin, dove è morto un ragazzo di soli 15 anni, Diaa al-Din Ahmed Omar Saba’neh, ferito giorni fa dalle truppe occupanti di Tel Aviv. Solo a Jenin, in un mese di assalto, sono 26 le persone uccise e almeno 150 quelle fatte prigioniere, come racconta qui Khaled, cittadino palestinese residente a Jenin. La sua corrispndenza è stata tradotta da Fabian Odeh, nostro collaboratore.
Il presidio chiamato per venerdì 21 febbraio fuori dall’Ambasciata Usa, a Roma, da Udap, Giovani palestinesi d’Italia e Coordinamento di solidarietà con il popolo palestinese a Roma. Un’iniziativa nata per denunciare - come spiega qui Khaled Al Qaisi di Udap - “l’appoggio incondizionato da parte degli Stati Uniti ai piani di pulizia etnica di Israele in Palestina”. Di seguito il passaggio in cui Khaled spiega perché si è scelto proprio l’ambasciata Usa
VERTICE DI PARIGI - I capi di governo di Germania, Gran Bretagna, Italia, Polonia, Spagna, Olanda e Danimarca si sono riuniti ieri pomeriggio all'Eliseo per una riunione informale, convocata dal presidente francese Emmanuel Macron, dedicata alla sicurezza europea e alla situazione in Ucraina alla luce delle dichiarazioni di Trump, il quale la scorsa settimana si era detto fiducioso dell'avvio di accordi di pace tra Usa e Russia.
All'uscita dal vertice di Parigi sulla questione Ucraina, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha spiegato che nel corso della riunione è stato ribadito che l'Europa deve continuare a sostenere l'Ucraina e che a Kiev non possono essere imposti diktat. Scholz ha aggiunto che il tema dell'aumento delle spese di difesa degli stati europei è stato largamente discusso e che si stanno studiando le misure necessarie per agevolare agli stati membri della Nato nel sostenere queste spese. "Altamente inappropriato", invece, discutere ora dell'invio di truppe in Ucraina, ha aggiunto il cancelliere.
Tutti i partecipanti al vertice di Parigi hanno “opinioni simili” su tutte le questioni chiave, tuttavia il vertice, dopo tre ore di confronto, si è concluso senza un comunicato che delineasse una linea comune. Abbiamo raccolto qui le valutazioni di Salvatore Cannavò, giornalista del Fatto Quotidiano. Di seguito un estratto del suo intervento
Volano intanto da alcuni giorni i titoli della Difesa europei.
Il mercato specula su un aumento della spesa per il settore nel Vecchio Continente dopo il vertice di Parigi e, oggi, è arrivato il monito di Mario Draghi all’Ue: “Presto saremo da soli a garantire la sicurezza di Europa e Ucraina”.
Venerdì scorso, durante il suo intervento al vertice sulla sicurezza a Monaco, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, aveva annunciato la volontà di proporre ai paesi membri di sospendere i vincoli del Patto di stabilità e di crescita per le spese relative alla Difesa, mentre secondo il segretario generale della Nato, Mark Rutte, l'alleanza militare intende discutere l'aumento degli obiettivi di spesa già in occasione del vertice di giugno.
Al vertice di Parigi sull’Ucraina si parla quindi di aumentare le spese militari, ma dalla capitale francese emerge anche un’altra voce: «L’Europa resti se stessa, basi la sua influenza sul diritto e sulla giustizia economica, fiscale e climatica». Così, invece, il titolo dell'editoriale di oggi di Greenreport.it firmato da Simone Collini, che abbiamo intervistato sul tema. Potete ascoltarlo qui.
Oggi sulle frequenze di Radio Onda d’Urto, abbiamo trattato anche:
Il Report dell’Osservatorio GIMBE sulla spesa sanitaria privata in Italia nel 2023
L’avanzata delle milizie M23 e dell’esercito del Ruanda nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Il punto della situazione.
Peoples’ Platform Europe 2025: le valutazioni post conferenza di Jacopo Bindi, dell’Accademia della Modernità Democratica, tra le realtà organizzatrici.
“Dignità per chi vive nelle case popolari”. L’assemblea generale degli inquilini Aler organizzata dall’Associazione Diritti per tutti e da un gruppo di abitanti del quartiere Casazza.
A chiudere, l’appuntamento con Storia di Classe:
Pochi minuti, ogni giorno, per ripercorrere la storia (la “nostra” storia). Un evento storico, una mobilitazione politica, una rivolta, una lotta, tornando indietro nel tempo per conoscere la storia dei movimenti operai, di classe e rivoluzionari.
18 febbraio 1943 - Arrestati a Monaco di Baviera i fondatori di Rosa Bianca
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